I complessi da ballo “Dansband” sono un fenomeno molto sentito nella cultura popolare svedese. Non sono semplici complessi musicali che accompagnano le coppie danzanti. Sono molto di più, è quasi una religione.
Nascevano circa sessanta anni fa come semplici orchestrine locali, che facevano ballare i giovani il sabato sera. Suonavano musica ispirata dallo swing, dal country e dal genere “schlager” (letteralmente battito o colpo, usato per descrivere una canzonetta di successo) contaminati dalla canzone tradizionale svedese. Negli anni settanta ci fu il grande boom e lo stile musicale dei “Dansband” divenne un genere vero e proprio: la “dansbandsmusik”. Per distinguersi nel mercato ci si inventava dei look personali: pettinature, vestiti, nomi e mascotte. Gli strumenti del gruppo erano la chitarra elettrica, il basso, la “keyboard” (pianola) e la batteria. Alcuni complessi aggiunsero il sassofono, la fisarmonica e, in qualche caso, la tromba.
Il nome: Molte delle “Dansband” nate durante gli anni ‘60 e ’70 avevano un nome composto da due nomi propri. Era più o meno la prassi, una specie di riconoscimento; se avevano un nome doppio si trattava di una “Dansband”. Spesso si prendevano nomi dei membri del gruppo, si mescolavano senza pensarci troppo. Il risultato poteva suonare bene ma anche, e più spesso, in modo ridicolo. “Thorleifs”, “Sven-Ingvars”, “Bengt Hennings” sono tutti accettabili, mentre “Gert Johnnys”, “Curt Kenneths” e “Rune Lennarts” sono – secondo me – meno riusciti. La “s” finale sta per il genitivo sassone, molti gruppi nati più tardi la sostituirono con la “z”, forse per sembrare meno svedesi e più esotici.
La musica: Negli anni ‘70, quando sono cresciuta, questa non era solo musica per ballare, gli album si compravano anche per ascoltarla e nelle classifiche svedesi c’erano sempre due tre “Dansband “ tra i primi “Top ten”. Orecchiabile, spesso arrangiata ed eseguita bene, molto prevedibile e rassicurante, questa musica entrava in ogni casa e in molti cuori, specialmente in quelli delle ragazze che si identificavano nei testi romantici, o in quelli di amore infelice. A parte le canzoni d’amore, c’erano anche quelle con testi simpatici e quelle leggermente spinte come “Vad har du under blusen Rut?” (Che cos’hai sotto la camicia Rut?) del gruppo “Streaplers” 1974.
“Monotones” un nome un programma
Noi, che eravamo adolescenti negli anni ’70, siamo cresciuti con delle “Dansband” che esistono ancora. Un esempio davvero eccezionale è “Sven Ingvars”: nati nel 1956, continuano a suonare ancora oggi. Il leader Sven Ingvar Magnusson – classe 1942 – è una specie di Mick Jagger alla svedese provinciale. Intorno a questi complessi si creò una subcultura importante quasi come il tifo per le squadre italiane di calcio. I manifesti, i pullman con cui andavano in tournée, i dischi, gli autografi; tutti questi oggetti acquistavano un valore affettivo, simbolico e culturale. C’è qualcosa d’immortale in questi gruppi. Anche se i membri cambiano, il nome rimane lo stesso, la musica e il “sound” uguale a prima, la voce confortante del cantante ci porta in un mondo semplice e inequivocabile. I manifesti delle serate sono una testimonianza del passare del tempo, indicano come cambiano il layout, gli atteggiamenti, i vestiti, i tagli dei cappelli etc.
Una recente versione di Lasse Stefanz
“…Le luci si spensero. Nella penombra riusciva a vederlo appoggiato mentre parlava con degli amici, disinvolto con la sigaretta appesa all’angolo della bocca. Il chitarrista zittì il mormorio con un “accordo spezzato” e i ragazzi danzanti cominciarono a cercare con lo sguardo una possibile partner. La canzone appena intonata era una tra le preferite: “Ritorna amica mia” di Lasse Stefanz, il momento si stava caricando di grande aspettative. Lui, il soggetto principale di tante fantasie amorose, si guardò intorno e scelse la biondina con i riccioli e il trucco pesante. Si fece strada tra le coppie che già avevano preso posto sulla pista. Procedeva senza troppa eleganza, sapeva comunque che nessuna mai gli avrebbe negato un ballo, abbordò la biondina con un semplice “balliamo”. Lei gli sorrise e si lasciò portare tra la folla.
Ritorna qui amore mio/ e scusa se ti ho ferito/ ero stupido quando ho detto/ che il mio amore è finito/ perché oggi sono di nuovo solo, Lasse Stefanz cantava. Che brivido! Lui sapeva di birra e lei chiuse gli occhi, affondò il naso nel collo della sua camicia di nylon beige e aspirò il magico odore di profumo “Brut”, sudore e Marlboro.”
Per sentire l’atmosfera…
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Musica popolare
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